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Indici della Rassegna

Titolo
PREGIUDIZIO ERARIALE IN CONSEGUENZA DEL MANCATO RISPETTO DELL’ORARIO DI LAVORO DEL PUBBLICO DIPENDENTE
Argomento
Pubblico impiego
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Corte dei Conti, Sez. I Giur. Centrale d’Appello.
Testo
Preliminarmente va segnalata l’inesistenza di un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento penale ed il processo contabile pur in presenza di ipotesi di illiceità del comportamento per mancato rispetto dell’osservanza dell’orario di lavoro, ovvero la non corrispondenza delle presenze in relazione alle timbrature. Certo, invece, che gli atti dell’istruttoria penale, come da consolidata giurisprudenza della magistratura contabile, possono ampiamente essere tenuti a fondamento ai fini della formazione del proprio libero convincimento.
Il dipendente pubblico è tenuto al rispetto di un orario lavorativo giornaliero predeterminato, nel rispetto delle definite turnazioni di servizio, ed articolato su 5 o su sei giorni alla settimana.
Pur potendo ammettersi un orario giornaliero "flessibile" (“dipendenti autorizzati all’orario libero su cinque giorni, ossia che, fermo restando il limite di 36 ore settimanali, possono prendere servizio sino alle ore 9.00 e svolgere successivamente le ore di lavoro giornaliere”), purtuttavia occorre attenersi alla regola dell’obbligatorio ossequio dell’orario determinato almeno nell’inizio giornata e che preveda lo svolgimento del servizio per il numero di ore prestabilito.
E’ arbitrario sussumere il concetto di "orario libero" quale sinonimo di totale assenza di vincoli giornalieri nell’entrata e nell’uscita, atteso che l’arbitrarietà sarebbe altamente deleteria ai fini dell’efficienza organizzativa della pubblica amministrazione, provocando effetti devastanti laddove l’attività concretizzi un pubblico servizio.
Se poi il pubblico dipendente abbia scientemente agito in totale dispregio dei propri obblighi, dei quali era comunque ben conscio, stante le continue preoccupazioni di regolarizzare le proprie presenze con adeguate timbrature del cartellino ed acquisita la prova del comportamento antidoveroso del dipendente ( che non ha effettuato per diverse giornate le prescritte timbrature; che non è stato presente in servizio per innumerevoli circostanze; che, pur essendo in reperibilità, non ha dato riscontro alle necessità; che è arrivato in ritardo o si è allontanato in orario di servizio), non può non procedersi ai fini dell’accertamento della responsabilità contabile.
Non solo è inammissibile ed antidoverosa ma in alcuni casi inqualificabile la condotta laddove vi è prova, dalle testimonianze rese, dell’irreperibilità quando necessaria era la relativa presenza a fini di immediata assistenza (sanitaria).
E quand’anche si ritenesse che non si sia raggiunta la prova piena nella dimostrazione del comportamento doloso è certa l’applicabilità del principio di cui all’art. 192, comma secondo, c.p.p., in base al quale l’esistenza di un fatto può essere desunta anche da indizi, purché siano gravi, precisi e concordanti. E nella presente fattispecie si ha prova della grave antigiuridicità del comportamento, avvalorato anche dalle testimoniate false timbrature rese da altri soggetti, da sottoscrizioni altrettanto false ed atteggiamenti genericamente fraudolenti.
Il danno recato all’Amministrazione è quantificabile nelle ore di servizio retribuito e non prestato e, come sopra ricordato, la gestione e l’organizzazione di un ufficio e di un servizio pubblico non possono essere considerati alla stregua di un fatto privato ed essere di conseguenza trattati come tali.

a cura dell’Avv. Maria Teresa Stringola

Autore
Data
venerdì 31 dicembre 2010
 
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