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Indici della Rassegna

Titolo
CONCESSIONE EDILIZIA: PRESUPPOSTI E CONSEGUENZE IN IPOTESI DI CARENZA
Argomento
Edilizia e urbanistica
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 27 aprile 2012 n. 2450
1. Anche l’attività di spargimento di ghiaia, su di un’area che ne era precedentemente priva, è soggetta a permesso di costruire, allorché appaia preordinata alla modifica della precedente destinazione d’uso (nella specie si trattava di zona a verde agricolo).
2. L’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un’opera abusiva si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell’inottemperanza di ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge (che ne costituiscono i presupposti), non essendovi alcuna valutazione discrezionale da compiere (e di conseguenza da giustificare).
3. E’ legittima l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive emessa nei confronti del responsabile dell’abuso e non anche del proprietario dell’immobile, in quanto l’art. 7, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si riferisce esclusivamente all’uno e non all’altro, per l’evidente ragione di ancorare l’attività riparatoria del responsabile, quale autore dell’illecito, al rapido ripristino dello stato dei luoghi.
4. Deve escludersi che una costruzione di rilevanti dimensioni, anche se realizzata con materiali prefabbricati, abbia carattere precario (nella specie si trattava di una costruzione di oltre 80 metri quadrati, per un volume di 257,78 metri quadrati, il che - secondo la sentenza in rassegna - escludeva in radice la sua stessa amovibilità); in ogni caso anche la precarietà (e mobilità) di un manufatto, che rende non necessario il permesso di costruire, dipende non già dal suo sistema di ancoraggio al terreno, ma dalla sua inidoneità a determinare una stabile trasformazione del territorio, con la conseguente necessità del titolo edilizio allorquando la struttura, ancorché prefabbricata, sia destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo e non meramente occasionale.
5. La concessione in sanatoria rilasciata per effetto di un condono edilizio produce l’effetto della regolarizzazione della costruzione dal punto di vista urbanistico, attribuendo ad essa un regime giuridico che in nulla si differenzia da quello proprio di una normale concessione. Presupposto fattuale indispensabile per l’accoglimento della domanda di condono (e per il rilascio della relativa concessione in sanatoria) è la stessa esistenza del manufatto abusivo, non solo al momento della domanda di condono, ma anche al momento del rilascio della concessione; è pertanto legittima l’archiviazione della domanda di condono (relativa ad un edificio demolito e non fedelmente ricostruito) per essere venuta meno la stessa opera cui si riferiva la richiesta.
6. Legittimamente l’Amministrazione comunale ha rigettato una domanda di condono per una struttura prefabbricata realizzata abusivamente, essendo la stessa andata distrutta in un incendio, dopo la presentazione della domanda di condono, ma prima del rilascio della concessione in sanatoria.
Deve ritenersi soggetto a concessione lo spianamento di un terreno agricolo ed il riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenerne un piazzale per deposito e smistamento di autocarri e containers. L’orientamento in parola "…sembra, oggi, avere un testuale riscontro nel nuovo Testo unico in materia edilizia - D.P.R. n. 380/2001: l'art. 3, in materia di definizione degli interventi edilizi, assoggetta a permesso di costruire - ascrivendole al genus delle nuove costruzioni - "la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato" (lett. e. 3) e "la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato" (e. 7); si tratta di interventi privi di connotazione strettamente edilizia e, nondimeno, assoggettati a titolo abilitativo (oggi permesso di costruire). Significativa è, poi, la previsione dell'art. 10 comma 2 secondo cui "Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività".
A seguito della relazione di sopralluogo dell’Ufficio di Vigilanza Urbana, il Sindaco di un Comune ingiungeva ad un cittadino, con ordinanza, la sospensione dei lavori in corso di esecuzione, consistenti in opere di modifica, senza la prescritta autorizzazione, della destinazione d’uso del terreno, urbanisticamente destinato a zona "Agricola", mediante ricarica e stendimento di materiale inerte sull’intera superficie, e con ulteriore ordinanza, il ripristino dello stato dei luoghi mediante eliminazione del materiale inerte trasportato.
Con una nota il Comune comunicava, inoltre, all’interessato il parere negativo espresso dalla Commissione Igienico Edilizia Comunale sulla richiesta di concessione edilizia per la costruzione di servizio igienico sull’area in questione, ricadendo essa in zona "Agricola", nella quale erano consentite esclusivamente opere destinate all’esercizio delle attività produttive agricole, ciò senza contare che il progetto presentato non era conforme alle vigenti prescrizioni urbanistiche che, per la zona in questione, prevedeva che i manufatti dovessero essere realizzati ad una distanza non inferiore a 10 metri dai confini.
L’interessato chiedeva al TAR l’annullamento di tali atti, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento, sostenendo, in sintesi, che le opere contestate, lungi dall’integrare una modifica della destinazione d’uso dell’area, consistevano nella mera sistemazione dell’ingresso al proprio fondo per consentirne l’effettiva utilizzazione, mediante passaggio dell’auto e delle due roulottes di sua proprietà e creazione di un’area di sosta e utilizzo del fondo per attività agricola e di custodia di animali, ivi compresa la sistemazione di un servizio igienico.
Il ricorso veniva iscritto a ruolo.
Con ulteriore nota il Comune rigettava altra domanda del medesimo soggetto di rilascio di una concessione gratuita per la recinzione del fondo agricolo in quanto, pur essendo intervenuto il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione Edilizia, l’area era stata oggetto di interventi abusivi di modificazione della destinazione d’uso (con ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi) e il rilascio della concessione avrebbe aggravato l’abuso, consentendo usi in contrasto con la destinazione urbanistica.
Tale diniego veniva ritualmente e tempestivamente impugnato innanzi al TAR.
Ad avviso dell’interessato, infatti, la notifica del diniego era affetta da nullità insanabile per la mancata indicazione della data nella relativa relata, e avendo la Commissione Edilizia espresso parere favorevole al rilascio della concessione, il Sindaco avrebbe dovuto indicare le ragioni che non consentivano di condividere quel parere favorevole, tanto più che il progetto presentato era conforme alle previsioni urbanistiche.
Anche detto ricorso veniva iscritto a ruolo.
Con altra ordinanza il Sindaco ingiungeva la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi relativo alla recinzione del fondo ed installazione di un cancello scorrevole in assenza di concessione edilizia.
Anche di tale ordinanza veniva chiesto dall’interessato l’annullamento al TAR trattandosi – a detta del ricorrente - di opere che non necessitavano di concessione edilizia, in quanto non comportavano trasformazione della destinazione agricola del fondo, tanto più che la recinzione del fondo rientrava nella facoltà del proprietario di chiudere il fondo ai sensi dell’articolo 841 C.C.
Il ricorso veniva iscritto al ruolo.
Con ulteriore ordinanza veniva ingiunta al ricorrente l’immediata sospensione dei lavori, eseguiti senza la prescritta autorizzazione, consistenti in opere di trivellazione di un pozzo artesiano sul terreno a destinazione agricola, configurandosi tale intervento "come opera di urbanizzazione di un’area agricola al fine di mutarne la destinazione come, peraltro, già fatto per altre opere oggetto di provvedimento sindacale di rimessa in pristino". Con successiva ordinanza, rilevato che erano state realizzate opere di trivellazione di un pozzo senza la prescritta autorizzazione e preso atto inoltre che per il predetto pozzo non risultava ottenuta la preventiva autorizzazione da parte della Regione, veniva ingiunta all’interessato, ai sensi dell’art. 7 del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, e del secondo comma dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, la demolizione delle predette opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Con rituale e tempestivo ricorso l’interessato impugnava le due citate ordinanze innanzi al TAR, deducendone l’illegittimità, tra le altre di incompetenza ssoluta del Sindaco ad emettere i provvedimenti impugnati.
Secondo il ricorrente sarebbe spettato all’Ufficio del Genio Civile non solo autorizzare la trivellazione del pozzo, ma anche adottare i relativi provvedimenti sanzionatori, così che erano illegittimi gli impugnati provvedimenti sindacali, tanto più che la stessa attività di trivellazione non poteva essere considerata attività urbanistico – edilizia.
Il ricorso veniva iscritto al ruolo.
Con ulteriore nota il Sindaco del Comune notificava all’interessato l’accertata inottemperanza all’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi in relazione alle opere realizzate senza concessione edilizia, precisando che tale accertamento costituiva titolo per l’immissione in possesso dei beni e per la trascrizione, nei registri immobiliari, della loro acquisizione al patrimonio gratuito del Comune.
Con successivo atto veniva ordinata l’acquisizione al patrimonio comunale (e l’immissione in possesso in favore dello stesso Comune) dell’area di proprietà del ricorrente.
Quest’ultimo chiedeva al TAR l’annullamento anche di tali due atti, deducendone l’illegittimità in quanto le opere realizzate non necessitavano per la loro consistenza di alcun titolo edilizio ovvero potevano essere realizzate con una semplice autorizzazione ed in ogni caso non era stata neppure valutata la effettiva sussistenza dell’interesse pubblico che giustificasse il provvedimento di acquisizione.
Il ricorso veniva iscritto al ruolo.
Con ulteriore ordinanza il Sindaco del Comune ingiungeva a diverso soggetto la demolizione delle opere abusive realizzate senza concessione edilizia, consistenti nella installazione sul terreno di una struttura prefabbricata di dimensioni mt. 10.60x8,10 per un’altezza di mt. 3, corrisponde ad una superficie di mq. 85,86 ed a un volume di mc. 257,58.
Veniva impugnava detta ordinanza innanzi al TAR. Il ricorrente, dichiarandosi terzo estraneo, sosteneva di non poter essere destinatario del provvedimento impugnato che avrebbe dovuto essere notificato al proprietario dell’area, ciò senza contare che il manufatto non poteva essere considerato una costruzione e non necessitava di concessione edilizia, ma tutt’al più di una semplice autorizzazione.
Il ricorso veniva iscritto al ruolo.
Infine con provvedimento sindacale veniva respinta la domanda di concessione di edilizia in sanatoria, per lo stendimento di ghiaia e ricarica su terreno agricolo per una superficie di mq. 2.500, per la trivellazione di un pozzo, per la recinzione del fondo e per la costruzione di un prefabbricato ad uso abitativo, presentata dal ricorrente in quanto gli abusi di cui era stata chiesta la sanatoria non avevano comportato la realizzazione di singoli interventi edilizi, bensì un vero e proprio insediamento urbano rappresentato dalla comunità di nomadi ospitata in roulottes e caravan, con una volumetria indefinita; inoltre la struttura prefabbricata era attualmente inesistente, essendo stata distrutta da un incendio, mentre per il pozzo non era stata presentata la prescritta autorizzazione da parte del Servizio Genio Civile della Regione.
Anche tale diniego veniva impugnato innanzi al TAR.
Il ricorso veniva iscritto al ruolo.
L’adito Tribunale ha ritenuto che lo stendimento della ghiaia e la ricarica effettuata per uno spessore di circa 25 cm. costituivano fatti da impedire la crescita di qualsiasi vegetale sul terreno, con alterazione definitiva dell’originaria destinazione d’uso, così che legittimi erano da considerare l’ordine di sospensione dei lavori e l’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi; altrettanto legittimo era il diniego di concessione edilizia per la realizzazione di un servizio igienico, non possedendo il richiedente la qualifica di imprenditori agricolo, di conseguenza erano legittimi anche i provvedimenti sindacali che avevano accertato l’inottemperanza all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e disposto l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale.
L’amministrazione comunale aveva poi correttamente ordinato la demolizione della struttura prefabbricata realizzata sul terreno in quanto per le sue dimensioni era necessaria la concessione edilizia, irrilevante essendo la circostanza che la relativa ordinanza fosse stata notificata al committente, che era da considerare sicuramente responsabile dell’abuso.
Altrettanto correttamente era stato denegato il condono edilizio per la sopravvenuta distruzione, a causa di un incendio, dell’immobile da sanare.
Sono stati considerati, invece, illegittimi: a) il diniego della concessione edilizia per la recinzione del fondo di proprietà del ricorrente tanto più che la stessa commissione edilizia comunale aveva espresso parere favorevole, sia pur con prescrizioni, e non erano indicati eventuali elementi di contrasto del progetto presentato con le disposizioni del piano regolatore; b) l’ordinanza di demolizione della recinzione del fondo che, quale estrinsecazione del diritto di proprietà, non necessitava di concessione edilizia; c) l’ordine di sospensione dei lavori e l’ingiunzione di demolizione relativi al pozzo artesiano, non sussistendo al riguardo alcuna competenza sindacale, salva l’eventuale realizzazione di opere edilizie complementari al pozzo stesso, che nel caso di specie non si rinvenivano; d) il diniego di condono relativamente al pozzo artesiano (che, come rilevato, di per sé non poteva configurarsi come opere edilizia) e relativamente alla dedotta impossibilità di determinare la reale volumetria dell’intervenuto, quest’ultima rappresentando una mera argomentazione, di per sé insufficiente.
Queste le conclusioni del primo grado del giudizio. Nel prossimo numero verranno sottoposte ad esame le conclusioni cui approdano i giudici di Palazzo Spada in appello.
[DOTT.SSA Marta Dolfi]

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Data
lunedì 30 aprile 2012
 
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