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Convegno "Donne nelle professioni sanitarie: politiche attive e uguaglianza sostanziale"

Convegno Donne nelle professioni sanitarie: politiche attive e uguaglianza sostanziale

Intervento di Silvia D’Oro Consigliera di Parità della Provincia di Viterbo e della Regione Lazio. 

Convegno del 18 novembre 2022 ore 9,30 - Sala Benedetti Palazzo della Provincia di Viterbo, Via Saffi 49

"Saluto e ringrazio Alessandro Romoli, Presidente della Provincia di Viterbo per l’entusiasmo con cui ha accolto la realizzazione di questo evento e Rosita Ponticiello e Dominga Martines, rispettivamente Presidente della Camera civile di Viterbo e Consigliera di parità supplente, per il prezioso contributo organizzativo. Ringrazio i rappresentanti di tutte le Istituzioni oggi presenti e gli esponenti delle diverse professioni sanitarie per il loro impegno quotidiano, per il loro senso del dovere spesso accompagnato ad un sacrificio personale.

La Pandemia ha travolto le politiche governative precedenti ed ha mostrato quanto il Sistema sanitario nazionale sia essenziale per garantire il diritto fondamentale alla salute sancito dalla nostra Costituzione.

Secondo i recenti dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro e dell’Organizzazione mondiale della sanità (come evidenziato nel recente rapporto congiunto sul divario retributivo di genere nel settore sanitario e assistenziale al tempo del COVID-19), nelle professioni sanitarie, a livello globale, le donne rappresentano circa il 70% della forza lavoro.

In Italia, in particolare, le donne costituiscono il 67% del personale all’interno del Sistema sanitario nazionale.

E’ questo un traguardo importante se si pensa che per secoli alle donne è stato vietato l’accesso alle libere professioni e quindi anche a quelle sanitarie.

Le donne in un certo senso hanno sempre scontato la tradizionale distinzione tra i due aspetti della cura:il prendersi cura, cioè l’accudimento, fisico e morale, tradizionalmente associato al mondo femminile, perché derivante dalla sopravvivenza della prole e quindi della stirpe eil curare, cioè fare la diagnosi e prescrivere la terapia, tradizionalmente sotto l’egemonia maschile.

Non a caso, fino a pochi decenni or sono, la più frequente attività delle donne in campo sanitario era quella di ostetrica o levatrice.E questo perché si nasceva in casa ed era considerato un tabù una assistenza al parto diversa da quella di una donna. Non bisogna dimenticare poi che, nel medioevo, le donne che praticavano le arti guaritorie furono vittime di una vera e propria caccia alle streghe che l’Inquisizione perpetròanche per assicurare ai soli uomini le conoscenze mediche.

L’accesso delle donne alle professioni sanitarie fu consentito in Italia solo intorno alla metà dell’Ottocento. Prima di allora le facoltà di medicina erano riservate ai liceali di ambito scientifico, ma i licei scientifici erano aperti ai soli uomini e quando i licei furono resi accessibili anche alle donne nel 1873, ci furono candidature rifiutate e altri respingimenti accademici, oltre a quelli economici e politici.

Un vero e proprio percorso a ostacoli e ne è un esempio la stessa carriera universitaria di Maria Montessori, la quale dovette seguire due anni di Scienze prima di essere ammessa a Medicina, comunque aiutata da una famiglia importante.

Secondo il Rapporto globale sul divario di genere 2022 del World Economic Forum, solo circa il 35% delle donne che lavorano in sanità rivestono ruoli manageriali e il divario retributivo tra uomini e donne risulta di oltre il 20%, con un salario annuo medio femminile di circa 32.000 euro, contro una retribuzione annua media maschile di 42.000 euro.

Ancora oggi, dunque, a fronte di una presenza prevalente delle donne nel settore sanitario, persiste una disparità di genere a favore degli uomini per quanto riguarda la retribuzione e la copertura di ruoli direttivi.

Vi racconto, in proposito, un episodio che mi è accaduto personalmente.
Qualche tempo fa, recatami in ospedale per delle analisi, assistetti al dialogo tra un paziente e due medici, un uomo e una donna. Il paziente chiedeva notizie sulla sua patologia si rivolgeva ai due medici, chiamando più volte l’uomo “dottore” e la donna “sua assistente”, nonostante questa avesse precisatodi essere anch’essa una dottoressa.

Un episodio che mostra come nella società persistono pregiudizi e stereotipi di genere.

Nonostante quindi alcune posizioni femminili di eccellenza nella scienza e nella medicina (penso, solo per fare due esempi, a Fabiola Gianotti e a Samantha Cristoforetti),ancora molta strada deve essere fatta per l’inclusione di genere e, pertanto,occorre porre in essere strategie adeguate per una uguaglianza sostanziale per una effettiva parità di genere in ambito culturale, familiare, scolastico, lavorativo, politico. Da parte di tutti noi. Questo è l’augurio. Questo è l’appello che vi faccio."

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